In questi mesi molti colleghi sono stati impegnati a compilare schede di rilevazione e Piani Didattici Personalizzati. Tutte queste operazioni risultano inutili e inconcludenti sul piano pratico, perché non supportati da soluzioni organizzative, risorse umane aggiuntive e da un riconoscimento economico adeguato. Infatti chi è stato costretto a formalizzare la presenza di alunni con BES  nella sua classe, non ha constatato una diminuizione numerica di quest’ultima. In altre parole, se il docente è titolare di una classe-pollaio,questa non è stata adeguata, “personalizzata” alla presenza di queste “diversità”. Stesso discorso vale per l’assegnazione di risorse aggiuntive e per il riconoscimento economico giustificato dalle nuove incombenze burocratiche ( schede di rilevazione e PDP). Da ciò si deduce il disimpegno dell’Amministrazione, sempre più caratterizzata quest’ultima da annunci, e da novità che però si guarda bene dal supportare. Ai piani alti di Viale Trastevere, gli “esperti” sanno benissimo che la complessità della realtà educativa, non può essere gestita e risolta dal solo team docente. E’ necessaria la concondanza d’intenti e d’azione di più soggetti ( enti sociali, agenzie formative esterne alla scuola…).   Lo ha scritto recentemente anche R. Abravanel e ancora prima lo aveva teorizzato Bronfenbrenner con il suo modello ecologico. Ma quello che conta è dimostrare che la scuola si è attivata. Con quali risultati? Questi contano poco, salvo quando i massmedia li “sbattono in faccia” all’opinione pubblica. In questo caso vengono interpretati decontestualizzandoli dalle pessime condizioni organizzative decise dall’Amministrazione.  La responsabilità di questo atteggiamento di disimpegno è imputabile anche a noi docenti, il cui profilo si sta sempre più caratterizzando da accettazione passiva di qualunque decisione centrale, da un’obbedienza “cieca” che si ferma al mormorio di corridoio, senza trasformarsi quasi mai in protesta sociale, che per essere efficace necessita di compatezza, di visibilità mediatica ( “bucare” le prime pagine dei giornali) e di continuità anche nel breve periodo.  Se non ci sarà un cambio di rotta, noi docenti rischieremo fra qualche anno di dover “pagare per lavorare” ( Fantozzi docet)